I processi di deterioramento di questi manufatti sono influenzati dalle caratteristiche intrinseche delle rocce, quali la composizione chimico-mineralogica e la struttura-tessitura. La scelta dell’intervento conservativo deve perciò necessariamente partire dall’identificazione dei materiali e delle loro caratteristiche intrinseche, dallo studio della morfologia, dei processi e delle cause di alterazione.
Nella maggioranza dei casi, comunque, si procede allontanando il deposito di particellato atmosferico e polveri superficiali con spazzolature associate ad acqua nebulizzata. Può essere utile ricorrere ad interventi meccanici quali l’uso di bisturi o leggere microsabbiature controllate. E’ importante identificare la presenza e la natura di eventuali biodeteriogeni per scegliere i prodotti biocidi più utili per contrastarne la proliferazione.
Qualora la pulitura meccanica con l’ausilio di acqua nebulizzata si riveli insufficiente ad allontanare croste nere o altre macchie che, oltre a conferire un aspetto deturpante e antiestetico, contribuiscono ad intaccare la superficie lapidea per il contenuto di sali solubili, si procede alla pulitura mediante l’uso di agenti chimici che vengono individuati in base al tipo di alterazione presente. Molto usata è la formulazione AB 57 messa a punto dall’Istituto Centrale del Restauro: si tratta di una pasta composta da sali di sodio e di ammonio, tensioattivo-fungicida , carbossilmetilcellulosa, acqua deionizzata e, se non si agisce su pietre carbonatiche, da sali dell’acido etilendiamminotetracetico. Per prolungare il tempo di contatto del prodotto con la parte da trattare rallentandone l’essicazione è possibile ricoprire l’impacco con fogli di polietilene. Quando l’azione di pulitura è completata, il prodotto viene eliminato mediante spazzolatura e lavaggio con acqua.
Quando il corpo lapideo è completamente asciugato si passa alla fase di consolidamento, che spesso preferiamo effettuare con silicato di etile steso a pennello in successivi passaggi fino a rifiuto del prodotto. In un tempo di circa 40 giorni il consolidante completa il processo di idrolisi che permette la formazione di silice all’interno dei pori del materiale lapideo, migliorandone le caratteristiche di coesione. Aumenta così la resistenza a sforzi meccanici causati da gelo-disgelo e cristallizzazione di sali, rendendo più difficile l’accesso dell’acqua all’interno della struttura della pietra.
A protezione delle superfici si utilizza in genere un prodotto con funzione idrorepellente, come quelli a base di alchil-alcossi-silani in solvente.
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