Il vetro antico è soggetto a corrosione, con conseguenti fenomeni di porosità, opalescenza, iridescenza, esfoliazione degli strati corrosi, distacchi e assottigliamento. Inoltre, data l’insita fragilità, dovuta agli spessori in genere esigui delle pareti dei manufatti, i reperti vengono spesso rinvenuti in frammenti.
Per restaurarli si procede pulendoli con acqua demineralizzata, con tamponi di acqua e alcool o con localizzati impacchi di bicarbonato d’ammonio e, in alcuni casi, con compresse di EDTA in soluzione acquosa a bassa concentrazione, allo scopo di ammorbidire sporadiche concrezioni calcaree per consentirne l’asportazione a bisturi. Qualora i reperti non presentino fenomeni di devetrificazione, è possibile ammorbidire le incrostazioni terrose e calcaree anche con brevi passaggi in vaschetta a ultrasuoni.
Importante è la fase del consolidamento, che in genere avviene per immersione in soluzione di Paraloid B72 al 2% in solvente.
Segue quindi la fase della ricerca degli attacchi tra i frammenti superstiti; l’assemblaggio viene effettuato con piccole strisce di nastro adesivo di carta e i giunti fissati con piccole grappe in metallo e cianoacrilato.
L’adesivo (resina epossidica trasparente per vetro) viene fatto penetrare nelle fratture per capillarità. Con la stessa resina si possono integrare piccole lacune, allo scopo di migliorare la tenuta strutturale delle forme, adottando una procedura che implica l’uso di controforme realizzate in silicone ad elevata definizione.
© 2021 ARTI E PENSIERI – All Rights Reserved – P.IVA: 01415270337 | Privacy Policy | Cookie Policy | Web Design by HALLOWEB